Il Piemonte è la storia e la cultura del vino italiano. La vite è presente nel territorio piemontese almeno dall'età romana e numerose testimonianze ne ripercorrono gli eventi: Tito Livio menziona il Barbaresco nella storia di Roma; Plinio il Vecchio descrive le caratteristiche dei vigneti piemontesi; nella prima metà del 1200 Pier de' Crescenzi, autore del primo trattato di agricoltura, elogia i sistemi di coltivazione adottati dai contadini del Monferrato.
Ed è proprio in quel periodo che si hanno le prime evoluzioni con l'introduzione dell'allevamento a spanna e con la produzione del Vino Barbaresco, diverso da quello coltivato oggi, vinificato con l'aggiunta di uve Moscatello e Passeretta per renderlo dolce e frizzante.
Nel XVI secolo venivano individuate buone zone di produzione dislocate nel Monferrato per poi perfezionare, nel XVIII secolo, altre conoscenze circa la coltivazione della vite in collina.
Nell'Ottocento Camillo Benso Conte di Cavour si professa grande estimatore del Vino Barolo e offre il proprio contributo per estendere la viticoltura piemontese con l'introduzione del Vitigno Pinot, che verrà in seguito distrutto dalla fillossera.
Nel frattempo il Barbaresco viene vinificato secco ricevendo buoni consensi, alla stregua dei vini della Borgogna. Bisogna attendere l'anno 1867 per vedere la prima fiera enologica organizzata a Torino, e nel 1894 la fondazione di una cantina sociale per l'esclusiva produzione del Barbaresco.
Per un altro mezzo secolo i vignaioli piemontesi hanno prodotto vini sfusi destinati al consumo di massa per poi, dal 1960, puntare sulla qualità con un grande lavoro di abbattimento delle rese e con la selezione dei Cru di Barolo e di Barbaresco.
Oggi, molti vini piemontesi di maggior pregio, adatti all'invecchiamento: Barolo, Barbaresco, Gattinara, Ghemme, Nebbiolo d'Alba, Bramaterra, Lessona, Boca, Carema, Fara, Roero, e Sizzano, sono ottenute da uve Nebbiolo, mentre dal blasonato Vitigno Barbera, presente nelle denominazioni: Piemonte, Canavese, Pinerolese, Colline Novaresi e Collina Torinese, si ottengono vini più di pronta beva.
Un altro pilastro dell'enologia piemontese è rappresentato dal Dolcetto, un vitigno autoctono che deve il suo nome alla precoce maturazione dei grappoli, ricchi di zucchero già dalla seconda metà di settembre.